Il servizio di Assistenza Domiciliare è un servizio complesso, che forse potrebbe sembrare semplice a una prima valutazione ma che praticamente, se si considera l’imprescindibile aspetto umano di questo lavoro, assume tutta un’altra connotazione. Fornire assistenza domiciliare essenzialmente significa rendere la casa uno spazio di cura, garantendo ai pazienti l’assistenza da parte di personale specializzato pur continuando a vivere nel proprio ambiente, con i propri affetti ed evitando ospedalizzazioni e altri eventuali disagi derivanti dalla lontananza dalla propria casa e dalla propria famiglia. Un servizio prezioso, reso possibile dall’operato di diverse figure che diventano fondamentali per le famiglie degli assistiti e ancor più per i pazienti. In modo particolare per quelli più fragili e soli.
A questo proposito abbiamo pensato di dare voce ad Alessandra, un’assistente domiciliare che da ormai diversi anni presta servizio accudendo malati, disabili e anziani, entrando ogni volta a far parte della vita della famiglia che assiste, dei loro ricordi, del loro modo di essere. Perché essere un assistente domiciliare vuol dire fornire sostegno ambientale e personale, supporto nel disbrigo di pratiche fuori casa, aiuto nelle mansioni domestiche ma anche e soprattutto condivisione della quotidianità.
Alessandra è nata in un mondo di vecchi, ci dice, da un padre di quarantasei anni e da una madre quarantenne che già da un po’ aveva superato il limite socialmente accettabile per diventare madri nei tardi anni sessanta. Cresce con i nonni e si meraviglia quando all’asilo incontra persone della sua stessa statura: c’era un mondo, quindi, in cui non vivevano solo i grandi, i vecchi. Quei vecchi che sono per Alessandra i veri pilastri della sua vita e che le hanno permesso di sviluppare un’empatia per un mondo cronologicamente molto distante dal suo ma personalmente molto vicino che la porta a seguire un corso per assistenti domiciliari.
“Mi sono trovata in un ambiente che mi dà tante soddisfazioni: dare una mano, un supporto o semplicemente un sorriso a persone che la società considera inutili corpi rugosi che non funzionano più è per me motivo di orgoglio e soddisfazione. A volte mi stupisco che gli altri cerchino il loro scopo di vita imbarcandosi in cause pretenziose, e poi magari lascino morire di stenti il dirimpettaio anziano.
Sento troppo spesso di anziani soli che festeggiano il compleanno con i Carabinieri, gli unici che vanno a far loro visita. Tutte le cause sono nobili e tutte le cose fatte con il cuore sono encomiabili, ma ogni tanto teniamo quelle mani rugose tra le nostre, perché un giorno saranno le nostre.”
Le parole di Alessandra pongono l’accento su un aspetto sottovalutato dell’assistenza domiciliare: la vocazione che è alla base di una simile scelta di vita, dell’impegno profuso a favore dei più fragili che non può essere conseguenza di una semplice casualità ma che deve derivare da una comprensione di un mondo che è lontano ma non poi così tanto se ci si guarda bene attorno.
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